Carissime lettrici e carissimi lettori,
scrivo di venerdì ma come sempre mi leggerete di domenica, e so che a priori dal giorno della settimana starà piovendo, per cui facciamoci compagnia con una tisanina e parlando di film (sì, senza fare spoiler) e di femminismo (sì, è una di quelle newsletter lì).
Questa settimana è uscito “Nuovo Olimpo” di Ozpetek e gli ultimi episodi de “I leoni di Sicilia”; se fate un giro sul profilo Instagram di VanityFair c’è un post di Mario Manca che accenna ad una “spinta femminista” di Giulia Portalupi, protagonista della serie, ed io vorrei tanto chiedergli: ma siamo sicuri delle parole che stiamo utilizzando?
L’anno scorso a Dicembre ho dato un esame importante, che mi ha portato a leggere diversi saggi, saggi scritti da donne, ed uno di questi spiegava questo concetto qui: alle donne è sempre stato impedito di studiare, quando hanno iniziato a studiare non potevano lavorare, quando potevano lavorare non potevano ricoprire tutti i lavori, insomma è chiaro che se si va a cercare l’apporto, il contributo femminile nel mondo della letteratura, del teatro, dell’arte è sicuramente minore rispetto a quello maschile.
E quindi l’errore dov’è?
L’errore è non sapere dove guardare: in uno di questi saggi la scrittrice spiegava di come sua madre, non potendo esprimere il suo lato creativo in quanto donna, curava il suo giardino. E aveva un giardino meraviglioso, curato, creativo, ammirato da tutti. Dovendo cercare la voce femminile (artistica soprattutto) nel passato, bisogna avere la capacità di guardare anche in altri direzioni: non nei quadri ma nei giardini, non nei quadri ma negli abiti che cucivano, nelle opere che tessevano e via così.
Appena è uscito “I leoni di Sicilia”, soprattutto grazie al festival del cinema di Roma, sono state fatte diverse interviste, una in particolare ad Eduardo Scarpetta (attore che interpreta Ignazio Florio, figlio di Giulia Portalupi) che sottolinea quanto è importante che la nostra realtà sia ben distante da quella descritta nella serie, che i tempi siano cambiati, ma all’effettivo: quanto è cambiato il contesto che vive attorno alle voci femminili? Quanto sono cambiate le orecchie che ascoltano?
Ecco, unisco questa riflessione fatta da Scarpetta e il concetto di arte da cercare in altre direzioni descrivendovi una persona: mia madre.
Mia madre è una testa quadrata. Fa la commercialista e ha sempre voluto fare la commercialista, e quando si tratta di questioni che hanno a che fare con la grammatica o con le parole ha sempre detto: “fai tu, è il tuo campo, io posso fare calcoli”. Se dovessi cercare la valvola creativa di mia madre la andrei a cercare in cucina, nei suoi lavori a maglia, sicuramente non in qualche dipinto. Però le piace leggere e, soprattutto, le piacciono i film e le serie tv.
La prima chiamata della giornata fra me e lei arriva sempre per l’ora di pranzo, e ci sono sempre due domande obbligatorie da porre: ‘com’è il tempo’ e ‘cosa mangi oggi’, che sembrano domande radicate in tutte le mamme. Poi però abbiamo iniziato a parlare di “Nuovo Olimpo” e de “I Leoni di Sicilia”: della scrittura, dei personaggi, della costruzione dei personaggi, della scelta degli attori e della loro interpretazione, dei costumi, delle musiche e dei messaggi che portavano, di dove andavano a parare.
Per chi mi segue da poco mi presento: io sono Adele e faccio l’attrice, su Instagram non so quanto si veda, non ne parlo spesso, però ho studiato per fare questo e ho lavorato in questo campo. Quasi tutti i miei amici e le mie amiche sono registi, fotografi, attori, attrici, fotografe, cantanti, eppure sono finita a parlare per un’ora e mezza di cinema con mia madre.
E a fine chiamata lei ha detto: “che bello parlare di queste cose, meglio parlare di questo che di come cucinare la pastina”.
In quel momento ho pensato ai saggi, che per cercare l’arte nelle donne bisogna guardare in direzioni diverse, bisogna guardare in basso, e per avere i loro pareri bisogna chiederglieli, tirarli fuori, perché non a tutte è stato insegnato che possono parlare ed esprimere la loro opinione anche quando non è richiesta.
E ho pensato all’intervista di Scarpetta, che parla del mondo di Giulia Portalupi come di un mondo lontano, ma forse è solo la realtà di Eduardo Scarpetta che, in quanto uomo, ha semplicemente una prospettiva ed un panorama diverso.
Perché nella sorpresa di mia madre, su quanto potesse essere bello non parlare sempre di cucina, e nella vita quotidiana di Giulia Portalupi, che a metà dell'Ottocento si ritrovava comunque a dover camminare sempre un passo dietro al marito, io non ho visto molte differenze.
E allora vorrei sapere se quella frase scritta da Mario Manca, quella “spinta femminista” che ha visto, sia un qualcosa di veramente presente nella serie o una bandiera con la quale continuare ad avvolgere qualsiasi spiraglio dalla quale riesce a fuoriuscire un flebile sussurro femminile.
Perché, senza spoiler, ciò che fa il personaggio interpretato da Miriam Leone è continuare a ribadire che le cose per le donne cambieranno, che le sue due figlie femmine un giorno avrebbero avuto le stesse cose e le stesse possibilità che il suo unico erede maschio ha già. Ma sono parole che, cinicamente parlando, comunicano un’utopia e lo fanno anche con una scrittura mediocre. La serie in generale è abbastanza mediocre, superficiale, sia nella sviluppo della storia (e delle differenze con il libro), che nella scrittura dei dialoghi e dei personaggi.
Ammettendo, ciononostante, la grande difficoltà di trattare dei temi di questo calibro con una storia ambientata nel 1800.
E invece “Nuovo Olimpo”?
Ozpetek ha una visione magica in quanto nostalgica: ha riportato in vita il cinema degli anni 70, con i corridoi delle sale dove era consentito fumare ed Anna Magnani sullo schermo, ha riportato in vita la Trastevere degli anni 70, con le Vespe e le trattorie. I parallelismi tra ciò che accade nel film e ciò che accade nella vita vera sono interessanti: nel film censurano i film del protagonista per scene di sesso o di nudo, le stesse scene presenti in ‘Nuovo Olimpo’ e per la quale non battiamo ciglio. Ma guardiamo il tutto con occhi femminili.
Ed ecco la solita domanda della domenica che riservo a voi: siete in grado di separare l’artista dalla sua arte?
Ipotizziamo: c’è un pittore che amate alla follia, avete tutti i suoi quadri in casa (pagati pure a caro prezzo) e poi un bel giorno si rompe l’idillio, scoprite qualcosa che non avreste voluto sapere, fingiamo che scoprite che tale pittore x è un fascistello, oppure un criminale, o un molestatore, riuscireste a guardare la sua arte allo stesso modo?
Io ho un gran limite: la mia risposta è no, il rispetto e la stima che provo verso una persona in quanto persona è spesso direttamente proporzionale alla stima che ho del lavoro di quella persona, e viceversa.
Prima di vedere “Nuovo Olimpo” (devo aggiungere purtroppo) ho visto un pezzetto di un video fatto ad Ozpetek: una donna afferma che è un film fatto di sesso, e lui replica (parafrasando perché non trovo il video) dicendo che in realtà ce n’è molto poco di sesso nel film, e che se questo è il metro di giudizio della donna allora chissà nella sua vita personale.
Una frase che, pur cercando di giustificare con la stanchezza o la frenesia del momento, è stata di cattivo gusto. Che venisse fatta ad una donna o ad un uomo rimane di cattivo gusto, eppure è stata fatta ad una donna, per cui ha catturato ancor di più la mia attenzione.
Ho guardato il film con quei pochi secondi di video in mente, ed anche qui (andando oltre l’atmosfera meravigliosa) potenzialmente influenzata da quelle sue parole ho osservato la storia dei due uomini quasi con noia. Mi aspettavo un qualche tipo di impatto che è arrivato in due soli momenti del film: una scena tra il protagonista e la sua amica Alice (un’eccezionale Aurora Giovinazzo) e una scena tra il protagonista e Titti (Luisa Ranieri) e, per quanto il film alla fine sia piacevole, non ho potuto fare a meno di pensare a quanto sarebbe stato più interessante lasciar parlare di più loro, gli unici due personaggi che hanno portato una qualità narrativa diversa.
Concludo dicendo questo: come donna riservo e conservo una rabbia figlia di generazioni. Una rabbia che purtroppo delle volte occupa il ruolo di filtro, un filtro con la quale guardo atteggiamenti di uomini, ascolto discorsi di uomini e guardo l’arte degli uomini. Mi piacerebbe non averla questa rabbia, ma mi piacerebbe anche vivere in un contesto che mi permetta di non doverla custodire, di vivere una vita tranquilla senza pensare almeno una volta al giorno che sì, mi sarebbe piaciuto nascere uomo per avere qualche opportunità in più.
A mia madre, donna di conti, ‘Nuovo Olimpo’ non è piaciuto. Però non l’è piaciuto perché dice che hanno invecchiato male gli attori, e questo è un altro discorso.
L’ultimo appunto della newsletter di questa domenica mi sento di farlo a tutti quei giornali che usano il termine ‘femminista’ come se fosse un jolly. In italiano non esistono sinonimi. Non esistono parole totalmente al 100% uguali ad altre, e il termine ‘femminismo’ non è un calderone in cui buttare tutto in caciara; Giulia Guardalupi è un personaggio femminile che (per come scritta nella serie) individua le insofferenze femminili, ma se dobbiamo parlare di un femminismo parlato bene allora una bella voce da ascoltare è quella di Paola Cortellesi in “C’è ancora domani” dove ciò che deve dire si sente anche quando sta zitta.
Sempre con molto amore,
Adelio.
Che bomba di newsletter ♡